I diari di bordo

martedì 9 luglio 1985

ISOLE MITSCIU


ISOLE MITSCIU

L’ultimo incontro.

Qualche giorno dopo partiamo per le Mitsciu. La più grande delle isole che formano questo arcipelago ha uno sviluppo di 10 miglia cir­ca e si trova 30 miglia a Nord di Nosy Be ed a 10 miglia dalla co­sta selvaggia del Madagascar. La prima isola del gruppo si chiama Tsara Bajina nome che tradotto vuol dire: bella spiaggia. Le acque sono verdissime e la spiaggia merita il suo nome. E disabitata, solo i pescatori vi fanno scalo ma molto raramente. E veramente un sogno. Indi­viduiamo un ancoraggio abbastanza ridossato e trascorriamo la notte alla fonda.


Partiamo di buon mattino con il vento a favore e dopo una navigazione di due ore tra isolotti e bassi fondali ricchissimi di ogni sorta di pesce diamo fondo davanti al primo villaggio abitato.






 Finalmente siamo arrivati alla Grande Mitsciu.
A terra il capo del villaggio indossa una giacca che malgrado i molti rammendi riesce a coprire solo una modesta parte della schiena. L’accoglienza che ci riservano è commovente. Nello spiazzo tra le capanne le donne stendono tre stuoie nuovissime, poi ognuna prende la sedia migliore dalla propria capanna e ci invita a sedere mentre tutto il villaggio è accovacciato attorno a noi.Parlano solo malgascio e comunichiamo con sorrisi ed atti di gentilezza. Due giovani arrivano con frutta fresca in dono e noi li facciamo strabilia­re scattando foto con la Polaroid.

Al momento del commiato una donna si fa avanti timi­damente con il proprio figlio di 6-7 anni, due grandi occhi intelligenti, ma l’espressione triste come se stesse per piangere da un momento all’altro.
Indossa solo una camicetta ed un sudicio Iamba che copre il resto del corpo. Si chiama Gilbert. Si fa avanti il padre che scosta un po' il lamba e vediamo le parti inti­me del bambino gonfie, purulente; un’infezione devastante. Purtroppo, constatiamo la mancanza di ogni protezione contro la polvere ed il sudiciume.
Non c’è un medico tra noi, ma per quanto poco possiamo fare è sempre meglio che lasciare il piccolo in quelle condizioni.
Lo portiamo a bordo e, interpellato un medico di Varese tramite il radioamatore Franco di Somma Lombarda, cominciamo le cure. Lavaggi con luclorina ed applicazioni di aureomicina. Confezioniamo un paio di mutandine e riportiamo Gilbert a terra. Prolunghiamo la nostra sosta di qualche giorno, finché, a nostro parere comincia la guarigione e poi lasciamo i medicinali alla madre con precise istruzioni.  Dopo 20 giorni torniamo con un medico vero che constata la perfetta guarigione del bambino, e la mamma riconoscente ci regala una stuoia da lei stessa intessuta.

E' l ’ultimo contatto umano con la gente del Madagascar. Mettiamo la prua verso nord. Di nuovo incontriamo isole de­serte, rocce di basalto suggesti­ve come il “Rocher du Rateau”, misterioso tempio della natura e poi, oltre il Madagascar, le isole Glorieuse ed il grande atollo di Aldabra dal quale si levano in volo migliaia di uccelli, quindi l’immenso oceano popolato di pesci e di delfini che ci accompagneranno fino ai nostri mari.





Il piccolo Gilbert deve all'equipaggio del Falconera la sua perfetta guarigione da una grave infezione